LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

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La fibrillazione atriale è il tipo di aritmia più frequente, poiché colpisce il 2% della popolazione, le probabilità di sviluppare questa condizione aumentano con l’avanzare dell’età. 

Il cuore funziona tramite l’emissione di impulsi elettrici generati nell’atrio destro che ne stimolano la contrazione.

Nella fibrillazione atriale, l’attività elettrica degli atri è completamente disorganizzata e non corrisponde a un’attività meccanica efficace. Il nodo atrioventricolare, riceve dall’atrio numerosi impulsi e ne trasmette ai ventricoli un numero limitato. Questa variabilità della conduzione atrioventricolare fa sì che i ventricoli si contraggano in maniera irregolare. La contrazione irregolare e rapida delle camere cardiache determina una riduzione del volume di sangue espulso a ogni sistole, dando così un alterato apporto ematico a tutti gli organi, a volte generando sintomi e segni di scompenso cardiaco.

Generalmente, i primi episodi di fibrillazione atriale iniziano e terminano spontaneamente dopo qualche ora: si tratta della fibrillazione atriale parossistica.

Se non curati, questi episodi aumentano in frequenza e durata.

Qualora un episodio insorto non regredisse spontaneamente, sarà necessario l’intervento esterno per terminarlo (fibrillazione atriale persistente: che dura più di 7 giorni; fibrillazione atriale che termina con cardioversione).

L’intervento esterno è costituito dalla cardioversione elettrica o farmacologica, volte all’interruzione della fibrillazione atriale e al ripristino del ritmo cardiaco normale.

Quando non si ritengono più opportuni tentativi di terminazione dell’aritmia, a causa della lunga durata della stessa o delle condizioni e comorbidità del paziente, si parla di fibrillazione atriale permanente.

CHI COLPISCE?

Tra le condizioni che predispongono alla fibrillazione atriale ci sono: ipertensione arteriosa; malattia coronarica; malattie delle valvole cardiache, specie della mitrale; cardiopatie congenite; scompenso cardiaco congestizio; pericardite e ipertiroidismo.

Quando la fibrillazione atriale si presenterà in giovani sani, non affetti da alcun tipo di cardiopatia, si parlerà di fibrillazione atriale isolata.

I SINTOMI

Il sintomo più frequente, saranno le palpitazioni; potrebbero anche manifestarsi stanchezza, difficoltà respiratorie e dolore o senso di oppressione al torace.

LA FIBRILLAZIONE ATRIALE

Parte dei pazienti che soffrono di fibrillazione atriale non se ne accorgeranno in quanto spesso è asintomatica; ciò non dovrà quindi far prevalere la tendenza a trascurarla poiché il suo non presentare sintomi, la renderà più difficile da combattere.

COMPLICAZIONI E RISCHI

Se la frequenza cardiaca è elevata e l’aritmia persisterà per prolungati periodi di tempo, la forza di contrazione del cuore, potrebbe ridursi progressivamente, i ventricoli si dilateranno e si potrebbe andare incontro a scompenso cardiaco ed insufficienza cardiaco.

Negli atri soggetti a fibrillazione cardiaca, il sangue tenderà a ristagnare anziché ad essere espulso dalla normale contrazione. Si creeranno quindi condizioni favorevoli alla formazione di coaguli che possono entrare in circolo come emboli.

Gli emboli più pericolosi, saranno quelli rilasciati dall’atrio sinistro poiché possono raggiungere il circolo cerebrale provocando grossi danni, tra i quali l’ictus.

DIAGNOSI

La diagnosi di fibrillazione atriale si avrà grazie ad un elettrocardiogramma.

Il problema è rappresentato dalla difficoltà di cogliere l’aritmia quando è presente, per la breve durata o per la totale mancanza dei sintomi di riferimento.

Anche nel follow-up l’ostacolo principale è rappresentato dalla difficoltà di rilevare con certezza gli episodi di fibrillazione atriale.

Per questo si utilizzano sistemi di registrazione elettrocardiografica prolungata (di 1 o più giorni) o piccoli monitor elettrocardiografici impiantati sottocute.

Oltre a identificare la fibrillazione atriale con l’elettrocardiogramma è necessario un inquadramento diagnostico completo per dimostrare o escludere patologie cardiache o  endocrine che causino o facilitino la  fibrillazione atriale e richiedano un trattamento.

Le cure per la fibrillazione atriale saranno:

La cardioversione, applicata nei casi di fibrillazione atriale parossistica e persistente, sarà ottenuta tramite trattamenti farmacologici, efficaci soprattutto nelle forme di breve durata, o somministrando una scarica elettrica al cuore in stato di sedazione profonda. Nella pratica clinica, i farmaci precedono il trattamento elettrico che verrà effettuato se i primi dovessero risultare inefficaci.

L’ablazione; la fibrillazione atriale inizierà quando gli altri ricevono una raffica di stimoli elettrici prematuri. L’aritmia si mantiene perché lo stimolo elettrico trova percorsi lunghi e irregolari attraverso atri dilatati o nei quali sono in atto processi degenerativi che aumenteranno la componente fibrosa nella parete.

L’ablazione consiste nell’applicazione di piccole bruciature sulla superficie interna del cuore, grazie alle quali si costituiscono delle barriere alla circolazione dello stimolo elettrico. Queste “lesioni” sono collocate in punti strategici, in modo da bloccare le raffiche di extrasistoli che iniziano l’aritmia e/o impedendone la libera circolazione dello stimolo a livello atriale. La probabilità di risolvere il problema è maggiore nelle forme parossistiche, ammonta all’ 80% circa, leggermente minore nelle forme persistenti.

La procedura viene realizzata attraverso cateteri) introdotti nel cuore attraverso il sistema venoso, il tutto in anestesia locale e sedazione.

A seconda delle caratteristiche del paziente e dell’aritmia, il trattamento ablativo può essere realizzato mediante crioablazione o radiofrequenza.

Si ricorrerà all’impianto di un pacemaker, quando la frequenza cardiaca sarà troppo instabile, abbinandolo all’ablazione del nodo atrioventricolare in modo da impedire al cuore di superare la frequenza determinata dallo stimolatore artificiale.

Si ricorrerà al trattamento anticoagulante per tutti quei pazienti che presentano rischio moderato o elevato; la terapia dovrà essere mantenuta anche se dovesse risultare apparentemente efficace poiché vi è sempre il rischio di episodi asintomatici.

Se i trattamenti volti al mantenimento del normale ritmo cardiaco dovessero risultare inefficaci, sarà consigliato il controllo della frequenza; ciò sarò possibile mediante un trattamento farmacologico volto ad ottimizzare la frequenza cardiaca media in corso di fibrillazione atriale che viene considerata permanente. Si mirerà al raggiungimento, e al mantenimento, di una frequenza cardiaca tra i 60 e i 90 battiti al minuto.

La prima visita, a seguito del percorso terapeutico e del ricovero, avverrà dopo circa 50 giorni dall’avvenuta dimissione, e si eseguirà un Holter che permetterà il monitoraggio per 24 ore.

Un sistema di monitoraggio molto efficace utilizzato per monitorizzare i risultati del processo ablativo, è l’impianto sottocutaneo di un “mini holter” del battito, loop recorder. Questo dispositivo rileva in continuo il battito cardiaco e memorizza le eventuali alterazioni del ritmo. L’aritmologo successivamente, estrapolerà  i dati memorizzati, analizzando il battito cardiaco e ottimizzerà la terapia.

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